ecmo

ossigenazione extracorporea a membrana

L’ECMO, (Extra Corporeal Membrane Oxygenation), è una tecnica inventata dal dott. Robert Bartlet  che supporta le funzioni vitali mediante circolazione extracorporea, aumentando l’ossigenazione del sangue, riducendo i valori ematici di anidride carbonica (CO2), incrementando la gittata cardiaca ed agendo sulla temperatura corporea. Permette, in condizioni di severa insufficienza respiratoria e/o cardiaca, di mettere a riposo cuore e polmoni vicariandone la funzione ventilatoria e di pompa.

Cos’è e come funziona l’Ecmo

Il sistema Ecmo è fondamentalmente composto da cannule, una pompa, un ossigenatore e un riscaldatore di sangue e la tecnica di circolazione extracorporea viene effettuata, a seconda della modalità, mediante l’incannulazione di vene centrali (solitamente giugulare interna o femorale) e arteria, potendosi configurare così – pur esistendone altre – due fondamentali tipologie di Ecmo:

  •  la Ecmo-vv (veno-venosa): sostiene la funzione polmonare mediante ventilazione ed ossigenazione del sangue. Solitamente viene effettuata tramite accessi venosi e può essere utilizzata in condizioni di grave insufficienza respiratoria solo se la funzione cardiaca sia preservata, non fornendo alcun supporto emodinamico, se non indiretto.
  • la Ecmo-va (veno-arteriosa): sostiene inoltre la funzione di pompa cardiaca. Con accessi vascolari in vena ed arteria, sostiene anche il circolo, avendo una diretta azione emodinamica, agendo sull’output cardiaco e, quindi, direttamente sulla pressione arteriosa; trova indicazione nella gestione dei gravi quadri di ipoperfusione sistemica e nella rianimazione cardiopolmonare.

 Le altre tipologie, che citiamo solamente a scopo di completezza, sono la Ecmo-vvv (veno-veno-venoso), la Ecmo-vav (veno-artero-venoso) e la Ecmo-av (artero-venoso).

 Da quanto detto si comprende come l’Ecmo non rappresenti una metodica curativa verso la patologia che ha causato la grave compromissione respiratoria e/o emodinamica, ma sia invece una tecnica “ponte” per sostenere le funzioni vitali in attesa che altre terapie possano agire.

 L’Ecmo è una tecnica altamente invasiva, associata ad una mortalità estremamente elevata, pari al 50%; pertanto viene presa in considerazione dopo il fallimento delle convenzionali terapie massimali attuate almeno 6 ore in pazienti con rischio di morte superiore almeno al 50%, con ideale indicazione quando questo superi l’80%.

 Può essere inizialmente attuata in ambiente ospedaliero intensivo (rianimazione, terapia intensiva, emodinamica, sala operatoria ecc.) che veda la presenza di personale abilitato all’ esercizio della perfusione e adeguatamente addestrato all’utilizzo di tale metodica, ma dovrebbe essere continuato, dopo trasporto assistito da équipe medico-infermieristica specializzata, in un centro Ecmo di riferimento, in Italia 14 su oltre 800 Terapie Intensive.

Il sistema funziona con:

Cannula 1 – inserita nel paziente favorisce il passaggio del sangue nel circuito extracorporeo

  • Una pompa centrifuga, che aspira il sangue dal paziente e lo spinge verso il polmone artificiale per poi farlo rientrare nel paziente sostituisce la funzione di pompa del cuore.
  • Un ossigenatore a membrana, che arricchisce il sangue di O2 e lo purifica dalla CO2 sostituendosi alla funzione ventilatoria del polmone.
  • Un riscaldatore, necessario per evitare la perdita di calore che avviene durante il passaggio del sangue nel circuito, è integrato all’interno dell’ossigenatore dunque non visibile

 Cannula 2 – inserita nel paziente favorisce il rientro del sangue dal circuito extracorporeo. 

Indicazioni all’ECMO

Le indicazioni all’uso dell’Ecmo sono rappresentate da tutte quelle situazioni nelle quali risulti altamente compromesso ed insufficiente il sistema cardio-respiratorio, con ipossia refrattaria al trattamento medico massimale (P/F<100; PH <7.2), arresto cardiaco refrattario, embolia polmonare massiva con quadro di shock e/o controindicazione alla terapia riperfusiva mediante agente trombolitico, quadri di shock cardiogeno conseguenti ad estesi infarti miocardici o a complicanze di interventi di cardiochirurgia, aritmie ventricolari refrattarie, intossicazione da farmaci cardioattivi. Ulteriore indicazione è la presenza di severa ipotermia, inferiore a 32°C.

Controindicazioni all’uso dell’Ecmo

Reali assolute controindicazioni all’uso dell’Ecmo non esistono; le relative comprendono la scarsa aspettativa di vita conseguente a patologie croniche in fase avanzata, neoplastiche o emorragia cerebrale, ventilazione meccanica aggressiva per oltre una settimana, immunosoppressione con neutrofili inferiori a 400/mm3.
La più frequente complicanza della metodica è la emorragia arteriosa nell’Ecmo-va; seguono la emolisi e la trombocitopenia legate alla velocità della pompa con conseguente danno meccanico, problemi trombotici e tromboembolici sepsi ed embolie gassose; nell’Ecmo-va è molto alto il rischio di ischemia dell’arto inferiore dovuto al grosso calibro della cannula posizionata in arteria femorale.
Per ridurre i rischi trombotici viene sempre somministrato, anche in presenza di coagulopatia, un bolo preventivo di liquemina alla dose di 50-100 UI/Kg prima della inserzione degli accessi vascolari; questi possono essere ottenuti o per via percutanea tramite tecnica di Seldinger o tramite isolamento chirurgico del vaso, soprattutto per l’incannulazione arteriosa; inoltre, tramite toracotomia è possibile la diretta incannulazione dell’atrio.

l team Ecmo e il ruolo dell’infermiere

Idealmente un team Ecmo dovrebbe essere composto da due cardioanestesisti, un infermiere di area critica ed un tecnico perfusionista.
Il team Ecmo risulta fondamentale soprattutto per quanto riguarda il trasporto del paziente e al suo interno il ruolo dell’infermiere assume essenziale importanza, dovendo gestire in prima persona le funzioni vitali di base, la continua assistenza al paziente, il controllo della complessa attrezzatura e la sicurezza del trasferimento.
Di capitale importanza è la specifica formazione della quale il personale infermieristico necessita; pertanto afferiscono ai team Ecmo infermieri con competenze avanzate, esperienza in diversi contesti ed ambiti lavorativi.
Nel 2009 è stata costituita la Ecmonet, rete informatizzata che comprende i 14 centri Ecmo e le 800 TI italiane, allo scopo di garantire al paziente che ne necessiti l’accesso nel minor tempo possibile alla struttura in grado di accoglierlo.
Per tale motivo, per gestirne il trasporto in questa sorta di rete Hub&Spoke, sono stati istituiti i team Ecmo che si avvalgono del trasporto tramite ambulanze adeguatamente predisposte o con aerei C130 dell’aereonautica militare per i trasporti a distanze più elevate (la maggior esperienza in tale campo è quella della TI cardiochirurgica dell’ospedale San Raffaele di Milano, interessata soprattutto in occasione della pandemia influenzale H1N1).

I centri Ecmo

Nei centri Ecmo il rapporto infermiere-paziente è 1:1. La competenza infermieristica è alla base della prestazione professionale di livello elevato.
L’assistenza infermieristica prevede il monitoraggio dei parametri vitali, ventilatori ed emodinamici, del bilancio idrico, della emogasanalisi, la gestione delle linee infusive e della somministrazione della terapia, il controllo di eventuali segni di ischemia degli arti o di foci emorragici, delle infezioni, la gestione delle apparecchiature, della mobilizzazione del paziente e della sua igiene.
Pertanto risulta intuitivo come il personale infermieristico debba possedere elevata professionalità e competenza specialistica.

fonte: dr. Alessandro Valentino – nurse24.it

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